Una storia straordinaria e una ricca eredità. Così il vescovo Giovanni Nerbini descrive la vita e la
figura di Renzo Buricchi, conosciuto come il «Tabaccaio di Prato», uomo di umili origini divenuto
«strumento per un’opera più grande di lui». Questa parole sono contenute nella prefazione che
monsignor Nerbini ha scritto nell’ultimo libro dedicato a Buricchi, scritto da Marcello Pierucci,
principale testimone delle vicende e del pensiero del barista di piazza del Comune e di come
quell’uomo, definito un «contadino semianalfabeta», non soltanto lo abbia riportato alla fede e
all’amore per la Chiesa, ma abbia dato vita a una rete di uomini e donne che portano avanti il suo
messaggio cristiano.
La scrittura di questo nuovo libro, intitolato «La Capanna dei Piccoli Cerchi» – i «punti luce», sparsi
in Italia e nel mondo, nessuno ha contezza di quanti siano e continuano nella incessante attività di
preghiera tipica del carisma di Buricchi – è dovuta alla volontà della Diocesi di Prato di aprire la
causa di beatificazione del Tabaccaio. Il vescovo Gastone Simoni fu il primo a venire a conoscenza
della figura del Buricchi, così volle conoscere Marcello Pierucci e lo invitò a costituire
l’associazione Il Cenacolo nominando don Giuseppe Billi assistente spirituale; sotto l’episcopato di
monsignor Franco Agostinelli venne organizzato nel 2016 un convegno in palazzo vescovile
intitolato «Dono e sorpresa per la nostra città» e oggi, con monsignor Giovanni Nerbini, c’è la
ferma intenzione di iniziare l’inchiesta diocesana, la prima fase del processo che serve per arrivare,
in caso di accoglimento da parte della Congregazione per le cause dei Santi, alla beatificazione.
«Quando fui nominato vescovo di Prato un confratello fiesolano, don Alessandro Andreini mi disse:
vai nella città di Renzo Buricchi, una figura straordinaria. Prima di allora non avevo mai sentito
parlare del “Tabaccaio” – dice il vescovo Giovanni – e fui subito incuriosito dalla sua storia, lessi i
libri di Marcello Pierucci e ne rimasi affascinato». Anche monsignor Basilio Petrà, preside della
facoltà teologica di Firenze, ha studiato a lungo il pensiero di Buricchi tanto da aver affidato a uno
studente, un giovane sacerdote africano, una tesi su questo argomento.
Perché un nuovo libro? «Un cipresso per maestro», negli anni Novanta, è stata la pubblicazione che
lo ha fatto conoscere e che «grazie alle vie dello Spirito Santo», come dice Pierucci, è arrivata quasi
per caso sul tavolo di tantissime persone, laici, preti e anche cardinali, che ne sono rimaste colpite.
Questa volta il protagonista è lo stesso Pierucci che racconta in 250 pagine di come un giovane
giornalista dell’Unità, iscritto al partito comunista, divenuto ateo e anche un po’ mangiapreti, non
solo si sia riavvicinato alla fede, ma abbia compreso la «maternità» della Chiesa. E tutto questo
grazie all’insegnamento di Buricchi.
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Giacomo Cocchi