L’artista è sempre alla ricerca del senso recondito delle cose, il suo tormento è di riuscire a esprimere il
mondo dell’ineffabile. Come non vedere allora quale grande sorgente di ispirazione possa essere per lui quella
sorta di patria dell’anima che è la religione? Non è forse nell’ambito religioso che si pongono le domande
personali più importanti e si cercano le risposte esistenziali definitive?
San Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, n.13, 4 aprile 1999
La sacralità è un concetto ambiguo e complesso: inserirla nell’attuale universo
contemporaneo è un compito arduo e di non facile fenomenologia, ma esiste nella prassi
estetica una formatività tesa a riconoscere e a ricercare nel linguaggio artistico l’universalità
dell’Assoluto. Il Sakros sancisce un’alterità indefinita e impersonale, spesso priva di un
autolinguaggio capace di definirla nella sua totalità irriducibile. Tuttavia si tratta di un
elemento della struttura della coscienza, caratterizzato dallo sforzo continuo dell’uomo di
costruirne un significato, poiché esso altro non è che la realtà stessa dell’essenza quotidiana:
una totalità misteriosa, in cui i concetti di purezza spirituale, di Verità e di Bellezza trovano
concretezza e fondamento. La trascendenza è carica di valori simbolici, culturali e sociali, di
fatto la propria universalità è relazionale e risponde all’esigenza di fondare teoricamente
l’universalità del particolare. L’Essere si manifesta là dove sacro e profano, infinito e finito,
assoluto e relativo, eterno e divenire coincidono in un’unica forma pura, in quanto
momento dialettico del pensiero che, dal particolare al concetto, mette in luce quell’anello
mancante fra l’essenza e l’esistenza. L’Essere emerge quindi dal linguaggio e con l’Arte si
manifesta in una pluralità di possibilità evocative, dove l’ethos e il pathos si qualificano
come risultanze di una percezione soggettiva e personale dell’universalità che tutto
trascende. In tal senso, la sensibilità artistica si lega a un’esperienza vissuta, un Erlebnis vivo
che fluisce costantemente verso la presa di coscienza della necessità di una chiave di lettura
idonea a poter cogliere l’invisibile, attraverso una leggibilità inedita e in grado di porsi al di
là di ogni preconcetto. La sacralità è una vera e propria poetica soggettiva che fa della
Bellezza e della Forma uno strumento conoscitivo ed evocativo, poiché attraverso l’Arte si
compie un viaggio introspettivo, oltre l’apparenza delle cose, volto a cogliere l’essenza vera
e pura dell’Essere.
Noli me tangere analizza e racconta la dimensione del sacro nell’arte contemporanea
in chiave di rinascita e di riapertura verso la spiritualità. Le opere in mostra mettono a
confronto l’umano e il divino dialogando, fra passato e presente, con i tesori, gli affreschi e
le sinopie custodite nell’ex Complesso di San Domenico. Dal Refettorio sino alle sale poste
al primo piano del Museo gli artisti hanno riletto il tema della sacralità e della spiritualità
religiosa, arricchendo la visione del mondo contemporaneo di un rinnovato senso
trascendentale e donando allo spettatore la possibilità di avvicinarsi al Sakros nelle sue
innumerevoli declinazioni, offrendo un’esperienza sacrale libera, soggettiva e a tratti
catartica. Le opere dialogano insieme – con i miti e le icone del passato ma anche con i
nuovi linguaggi contemporanei – fra il figurativo e l’astratto, fra l’evanescenza e la
matericità, alla scoperta di un Mistero che avvolge da sempre la Storia dell’uomo, attraverso
una semantica dell’Essere che si snoda nella sperimentazione concettuale e fenomenica del
linguaggio artistico. La molteplicità dell’espressione, il fascino del particolare, l’eleganza del
segno, la purità della forma e la forza del pathos risultano essere gli elementi che
contraddistingono le innumerevoli vie di un unico percorso di ricerca: la prospettiva di una
Bellezza illuminante e di una Verità ancora velata, che nella prassi estetica trovano il
proprio fondamento, poiché l’Arte altro non è che una passione, simile all’Amore, che
spinge lo spirito artistico oltre i limiti del proprio pensiero, per procedere oltre i propri
confini, denaturalizzando le singole strutture e dialogare con le infinite possibilità che la
Vita offre.
In tale misticismo si annoverano le dodici tele dedicate al “Cantico dei Cantici” di
Elio De Luca, il polittico di Marcello Aitiani “Ascesi. Canto per l’allegrezza” legata alla scala
musicale di colori “Climax” dello stesso artista, i “Misteri dolorosi” di Gian Paolo Roffi,
“Cristo” di Massimo Podestà, “L’albero della conoscenza” di Sergio Fiaschi, “Religione è
introspezione” di Lorella Zappalorti, “La Baccante” di Virginia Panichi, la “Resurrezione”
di Mono, “Oltre il confessionale” di Alessandro Poli, il “Relitto” di Hermann Nitsch, la
video-art “L’immateriale” realizzata a quattro mani da Pietro Schillaci e Roberto Pupi, le
due reinterpretazioni dell’Annunciazione di Vittorio Tolu e Sergio Ulivi, il “Volto Santo” di
Elisa Zadi, “Anima” di Bruno Ceccobelli, l’ “Ultima cena” di Ignazio Fresu, i tre crocifissi
di Cristina Corradi Mello, la Via Crucis di Franco Fossi e infine l’installazione site-specific
di Luigi Petracchi ” Et lux intenebris lucet”. Tutte opere che affrontano e approfondiscono
il tema del Sakros e della spiritualità quotidiana dal passato ad oggi in una presa di
coscienza della trascendenza non come mistero celato ma come verità dell’esistente e
dell’esistenza. Qui la Bellezza si fa largo fra i diversi linguaggi in cui gli artisti comunicano e
i diversi mezzi espressivi con cui hanno realizzato le opere. Tra questi la scultura acquista
un valore profondo, in quanto dona concretezza e tridimensionalità all’astrazione e invita lo
spettatore a cogliere tangibilmente la spiritualità in tutte le sue forme. ne sono un esempio
le sculture-installazioni di Miradario, l’angelo e il crocifisso di Mauro Gazzara, l’ “Angelus
Novus” di Giampiero Poggiali Berlinghieri, il “Polittico della Lanterna” de I Santini Del
Prete, ” Fiat la sua volontà” di Emily Joe, “Il Vangelo” di Sara Lovari, “Cipresso che
piange” di Bruno Ceccobelli, “Sacrum facere” di Adriano Veldorale e infine ” Untitled da
Mythos e Protos” di Maicol Borghetti.
Di particolare rilievo è anche la presenza femminile fra artisti e soggetti delle opere,
come a sottolineare la sacralità dell’identità attuale di genere e l’inviolabilità del corpo in un
tempo storico sempre meno consapevole ed emancipato come testimoniano i lavori di
Fernanda Morganti, Tamara Donati, Myriam Cappelletti, Angela Crucitti, Fiorella Noci,
Carla Guarino, Anna Maria Biagini, Chiara Crescioli, Debora Di Bella, Kiki Franceschi,
Gabriella Furlani, Martina Codispoti, Siriana Lapietra, Sara Lovari, Giovanna Marino,
Renza Paoletti, Ina Ripari, Colomba d’Apolito e Minnia Satta oltre alle artiste citate in
precedenza: opere che emancipano la figura femminile nell’arte sacra donando autenticità al
fare artistico e intellettuale del quotidiano; lavori concettuali che spaziano dai sacramenti
all’iconografia, dalla preghiera alla riflessione, fino ad approfondire il tema del dolore e della
rinascita – come nella serie “La piaga e la linfa” di Gabriella Furlani. Non solo. Il Sakros al
femminile si erge anche nei lavori di artisti come gli “Studi sulla Madonna Sistina” Di
William Xerra, “Maria” di Roberto Malquori, “Maddalena Penitente” di Umberto Buscioni,
“Santa Lucia” di Jakob De Chirico, “Santa Rita” di Cinzio Cavallarin, “Mater Clochea” di
Carlo Bertocci, “Fiori” di Luigi Doni, “Riflessi” di Riccardo Cocchi, “Maria delle Formiche”
di Emilio Isgrò. Dal culto mariano a quello più iconografico dei santi, la mostra spinge il
pubblico a una riflessione personale e privata sul tema del sacro e sulla necessaria riscoperta
di una nuova apertura agli orizzonti inesplorati dell’Essere, nascosto al confine labile del
Mistero fra verità e bellezza, fede e attualità. In tal senso indagano gli artisti come Marco
Gerbi con “Jesus”, Lamberto Pignotti, Fabrizio Giorgi, gli episodi della Bibbia
rappresentati dalle fotografie di Gian Marco Oppo, le cattedrali di Enzo Risaliti, Alessandro
Gioli, Mauro Capitani, Andrea Bacci, i crocifissi di Italo Bolano, Giuseppe Ciccia, Gianni
Dorigo, Franco Caini, Giacomo Carnesecchi, e Paolo Amerini. Pitture, fotografie,
installazioni video e multimediali, colgono le manifestazioni del sacro come ierofanie e
unità di Verità e Bellezza, tra citazioni, nuove visioni, rinnovati linguaggi formali e spunti di
riflessione sempre più attuali e legati alla coscienza culturale e sociale della fede. In tal senso
il collezionista Carlo Palli, fautore dell’iniziativa, attento promotore culturale e direttore
artistico del Museo, oltre a donare le opere in mostra ha ideato a corredo dell’esposizione
una “Via Crucis Contemporanea”, esposta nella Chiesa di San Domenico: 14 drammi della
nostra attualità che 14 artisti hanno interpretato seguendo la propria poetica e il proprio
stile, come monito al ripensamento del quotidiano e alla necessità di voltare pagina,
riscoprendo nella sacralità la positività persa dell’animo umano nel caos contemporaneo.
Nascono così “L’ansia” di Daniela Billi, “il Femminicidio” di Anna Boschi, “L’usura” di
Cinzio Cavallarin, “Le Fake News” di Stefano Cecchi, “Il Caporalato” di Enzo Correnti,
“L’omicidio stradale” di Fabio De Poli, “Estinzione della fauna e deforestazione” di Gianni
Dorigo, “L’inquinamento” di Andrea Granchi, “Virus” di Ruggero Maggi, “Dittature e
genocidi” di Fernando Montagner, “L’odio razziale” di Andrea Rauch, “La droga” di
Stefano Turrini, “Le mafie” di Ina Ripari e “Le morti bianche” di Elisa Zadi. La forza
concettuale di tali opere induce il pubblico a riflettere, mettendo in luce l’importanza degli
insegnamenti che i testi sacri hanno tramandato e che sono ancora di grande attualità, come
di grande attualità sono i ripensamenti degli artisti che si sono messi in gioco per la
riapertura del Museo.
Laura Monaldi